È stato pubblicato in lingua francese il libro di Manuela Utrilla Robles Le fanatisme dans la psychanalise. Quand les institutions se déchaînent …, uscito in Spagna nel 2010 e tradotto in inglese nel 2013. In questo importante libro che ci auguriamo venga presto tradotto anche in italiano, l’autrice, venuta a mancare nel 2022, mostra le vulnerabilità delle istituzioni psicoanalitiche, denunciando il rischio che sviluppino al loro interno quel “terrorismo intellettuale” che la stessa autrice definisce come un misto di intolleranza e di fanatismo. Il suo è uno sguardo ‘dall’interno’ (è stata presidente dell’Associazione Psiconalitica di Madrid nonché rappresentante europea in seno all’IPA), critico ma non distruttivo, acuto nell’individuare quei meccanismi di idealizzazione e di sottomissione che spiegano i pericolosi fenomeni di transfert che non di rado proliferano nei gruppi psicoanalitici. Secondo la Utrilla Robles, sono cinque i fattori che concorrono alla degradazione della vita associativa: dogmatismo, mancanza di spirito critico, manicheismo e radicalità, odio delle differenze e volontà di potere. Di ognuno di questi fattori, il libro propone una profonda riflessione: quel che ne emerge è un’analisi spietata che mette in primo piano tanto l’atteggiamento manipolatore, seduttore e vorace del ‘capo’ che di volta in volta emerge all’interno delle singole associazioni, tanto la postura servile e adulatoria dei suoi colleghi.
Pubblichiamo un breve frammento dell’opera: si tratta di un passaggio nel quale l’autrice invita il lettore a immaginare un’eventualità che, più si profila nel dettaglio, più sembra riferirsi a situazioni ben conosciute da chi frequenta ambienti psicoanalitici.
Ringraziamo per l’autorizzazione concessa Mme Milagros Cid, titolare dell’eredità e dell’opera di Manuela Utrilla Robles e Ana de Staal, direttrice editoriale della casa editrice Ithaque.
Traduzione di Franco Lolli.
Immaginiamo che un analista cominci a pensare che sarebbe opportuno unificare tutte le teorie al fine di proteggere la psicoanalisi e, inoltre, che tutti dovrebbero esprimersi nella stessa lingua e utilizzare metodiche terapeutiche simili, per ottenere l’uniformità della tecnica psicoanalitica. Per realizzare questo progetto grandioso, supponendo che ogni psicoanalista lavori in maniera idiosincrasica, il nostro ipotetico analista comincerà a escogitare strategie da mettere in atto. Dovrà convincere gli altri mediante argomenti persuasivi ed esprimere i propri argomenti con fermezza, senza lasciar spazio al dubbio. Parlerà con tono fermo, alzando, di tanto in tanto, il tono della voce, e utilizzerà idee brillanti per conquistare l’interesse dell’uditorio, promettendo la rigenerazione e il cambiamento. Cercherà di mostrarsi sincero e appassionato di psicoanalisi, e preparerà un progetto apparentemente molto rigoroso dal punto di vista scientifico, un progetto che includa l’idea dell’unificazione (come abbiamo visto nella descrizione dello stadio orale). È così che il primo passo verso la sua riforma sarà l’unificazione.
Ma come si possono unire personalità assai diverse tra loro? Proponendo un progetto di ricerca in apparenza grandioso. Questo messaggio di grandiosità potrà contribuire a catturare l’obbedienza e la devozione delle personalità più fragili (e anche di coloro che sono insoddisfatti della propria pratica, delle loro relazioni con i colleghi e con le istituzioni).
Insomma, gli individui più fragili si entusiasmeranno facilmente all’idea di ritrovare i loro ideali perduti. Ma non saranno i soli: a lasciarsi convincere saranno anche quanti dubitano dell’efficacia della propria pratica professionale, coloro che desiderano sinceramente modificare e reinventare la psicoanalisi e coloro che vogliono ritrovare gli ideali, costruire degli idoli, trovare un leader che li guidi. Quando il nostro psicoanalista immaginario sarà diventato leader, il narcisismo onnipotente del creatore di questo movimento unificatore inventerà delle strategie – coscienti o inconsce – per conservare questa posizione all’infinito. Avrà così inizio il lungo percorso verso una dittatura intellettuale fatta di manipolazione, di persuasione e di argomenti caratterizzati dalla loro certezza. La pratica psicoanalitica, ad esempio, dovrà dimostrare di essere credibile per poter convincere tutti della propria utilità, e a tal fine andrà trasformata in una pratica nella quale le competenze potranno essere misurate e verificate tramite metodi statistici. Dovrà essere purificata, dotata, cioè, di uniformità, in quanto solo se misurabile potrà dimostrarsi non soggetta a variabilità.
Perché un tale progetto grandioso duri, sono necessarie molteplici strategie. Coloro che dubitano saranno minacciati di espulsione. In termini religiosi, si parlerà di scomunica. Si prometterà felicità e gratitudine a coloro che sostengono una delle idee che appartengono al programma. Non va sottovalutato, peraltro, il ricorso all’uso della violenza, sotto forma di minacce (come quella, velata, contenuta nell’espressione “o con me o contro di me”), di disprezzo (considerare l’altro come un idiota), o che si esprime nel trovare un capro espiatorio nel gruppo.
Il nostro ipotetico leader e i suoi simili, consapevoli dei tipici problemi dei gruppi, utilizzeranno le regressioni di gruppo a loro vantaggio, incoraggiando l’ignoranza nascosta dietro i progetti grandiosi e la dittatura del pensiero. Ma è possibile mantenere un gruppo nell’ignoranza?
Ce la si può fare in diverse maniere, tra le quali la dissimulazione, la produzione di misteri presentati come impenetrabili, il rifiuto di ammettere problemi importanti che interessano il mondo intero, la creazione di un’atmosfera di paura, la diffidenza e la persecuzione, e soprattutto l’instaurazione del convincimento che una sola persona, quella che regna sulle altre, possiede un alto livello di conoscenze, è la più intelligente, la più competente, e fa praticamente parte di un’altra razza. In sostanza, un tale obbiettivo sarà raggiunto attraverso l’idealizzazione della supremazia intellettuale che solo pochi possono vantare di possedere.
Il sistema così organizzato è assai semplice. Coloro che cercano la pace e la tranquillità si compiacciono del fatto che un simile capo esista, che pensi al loro posto, che decida per loro e che protegga il prestigio e il valore della psicoanalisi. È così che la sottomissione verrà trasformata in un confort che permetterà agli individui di vivere una vita migliore, senza conflitti o problemi. L’evitamento del conflitto diventa quindi lo scopo principale.
Questi leader, che devono convincere tutti della loro determinazione e sincerità, sono invincibili? Come vedremo nell’esempio di Calvino, si avvalgono di una strategia straordinaria, capace di provocare negli altri un forte sentimento di identificazione: la vittimizzazione.
Quando una persona dotata di buon senso si oppone al leader e diviene, per questo motivo, un nemico da temere, il capo-dittatore assumerà il ruolo di vittima sottomessa a un affronto insopportabile. Mostrerà in continuazione la propria sofferenza, cercando conforto tra i propri adepti, soprattutto perché questa modalità di presentarsi gli assicurerà uno straordinario potere di persuasione. Come sottolinea Zweig, un individuo deve esser stato un martire per diventare un eroe delle masse.