CORSO DI SPECIALIZZAZIONE
CON ACCREDITAMENTO ECM: 22,5 CREDITI
DAL 26 OTTOBRE AL 7 DICEMBRE 2024
3 APPUNTAMENTI SU PIATTAFORMA ZOOM
Il tradizionale funzionamento del dispositivo analitico è sempre più frequentemente ostacolato (se non, in alcuni casi, impedito) da domande di cura nelle quali il sintomo è considerato una sorta di corpo estraneo: richieste di aiuto nelle quali, al contrario, l’urgenza dell’eliminazione immediata di ogni fastidio e impedimento prevale sulla ricerca del sapere. Il clinico, di conseguenza, è obbligato a tener conto di queste nuove fenomenologie psicopatologiche che, poiché non riconoscono il ruolo determinante dell’inconscio nella costituzione del sintomo, richiedono un aggiornamento…
FORMAZIONE
Con immenso piacere annunciamo la nascita di ILP, Istituto Lacaniano di Psicoterapia, ente formativo riconosciuto dal MUR con D.D. n. 1229 del 28/08/2024.
Con la direzione didattica di Franco Lolli e l’esperienza di Litorale, la scuola offre in un percorso di 4 anni un approccio interdisciplinare nella preparazione degli psicoterapeuti.
In questa sezione del sito, è possibile acquistare libri (o singoli capitoli)
che Litorale pubblica nella sola versione digitale.
Emanuela Mundo e Franco Lolli
(a cura di)
€ 12,00
“La clinica psicoanalitica del trauma” approfondisce il tema clinico del trauma in un’ottica psicoanalitica, con particolare riferimento alle cornici teoriche freudiane e lacaniane. Oggetto di studio sono le diverse declinazioni di ciò che può fare trauma, evento eccezionale e singolare per ciascun soggetto.
Partendo dall’analisi del trauma del fantasma, della pulsione, della parola, dell’incontro, fino ad arrivare al cuore della clinica psicoanalitica del trauma con la ripetizione e la riparazione, verranno attraversati i temi più significativi della teoria e della clinica psicoanalitica che proprio sul trauma si è fondata. Infine, verranno affrontati i correlati teorico-clinici della vittimologia e della suscettibilità al trauma che oggi, come alle origini della psicoanalisi, interrogano ancora i clinici.
Introduzione di Emanuela Mundo e Franco Lolli.
Contributi di: Fabio Galimberti, Franco Lolli, Samuele Cognigni, Anna Zanon, Emanuela Mundo, Deborah Ricci, Maria Teresa Rodriguez, Giovanni Mierolo.
Eloisa Alesiani e Samuele Cognigni
(a cura di)
€ 5,00
“La questione sessuale nella clinica psicoanalitica” approfondisce un tema che, più di altri, ha interrogato e, ancor oggi, interroga la psicoanalisi e la sua pratica: la questione sessuale.
All’interno della cornice teorico-clinica freudiana e lacaniana, verranno affrontati e discussi i seguenti argomenti: l’incontro (sempre traumatico) con il corpo e il suo godimento, incontro che segna le diverse tappe del destino della sessualità infantile; il processo di assunzione soggettiva del sesso, processo che Lacan definisce sessuazione; infine, le polimorfe e singolari vicissitudini della sessualità e della sua possibilità di soddisfazione.
Introduzione di Eloisa Alesiani e Samuele Cognigni.
Contributi di Franco Lolli e Marco Focchi.
Eva Delmonte e Cristian Muscelli
(a cura di)
€ 9,00
È sempre più frequente ricevere domande di cura, all’interno di strutture pubbliche o dei propri studi professionali, da parte di persone la cui sofferenza psichica risulta difficilmente comprensibile attraverso le tradizionali categorie diagnostiche. La teoria psicoanalitica da molti anni si interroga su queste situazioni cliniche considerate, un tempo, ‘inclassificabili’. L’elaborazione dei concetti di stato limite, di borderline, di personalità narcisistiche e, ultimamente, di disturbo bipolare rappresenta il tentativo di comprendere una fenomenologia sintomatica tanto diffusa quanto, a volte, indecifrabile. È noto che una vasta e accreditata letteratura psicoanalitica interpreta questi fenomeni sintomatici come manifestazioni psicopatologiche di psicosi sottostanti, ma silenti e invisibili. Il testo intende indagare questo importante e attuale ambito della clinica, attraverso lo studio e l’approfondimento delle teorie maggiormente riconosciute e una rigorosa riflessione sulle possibilità e modalità di trattamento.
Introduzione di Eva Delmonte e Cristian Muscelli.
Contributi di: Franco Lolli, Marco Francesconi, Matteo Bonazzi ed Emanuela Mundo.
Anna Zanon
(a cura di)
€ 6,00
Nel 1914 Sigmund Freud pubblicò Ricordare, ripetere e rielaborare, un saggio fondamentale che pose fine all’epoca inaugurale della psicoanalisi, l’epoca segnata dall’entusiasmo per l’invenzione di un metodo di cura rivoluzionario, inedito, innovativo, basato sull’efficacia terapeutica della parola. In questo senso, il 1914 può essere considerato un anno di svolta: la potenza della talking cure venne clamorosamente ridimensionata dalle osservazioni cliniche che mettevano in primo piano la tendenza dell’analizzante a ripetere piuttosto che a ricordare, ad agire piuttosto che a parlare. Di questa spinta all’atto, la psicopatologia contemporanea presenta una molteplicità di forme che, in alcuni casi, sfidano le possibilità stesse dell’analisi: acting out, coazioni a ripetere e disregolazione emotiva e comportamentale caratterizzano e corrodono percorsi di cura con pazienti che ci appaiono sempre meno capaci di ‘mettere in parola’. Sarà, dunque, la centralità della dimensione dell’atto nel processo analitico l’oggetto di studio del Corso. Attraverso le tre relazioni teoriche e il commento dei casi presentati, saranno approfondite le più importanti questioni teoriche e cliniche implicate nei diversi fenomeni del passaggio all’atto e dell’acting out.
12 OTTOBRE 2024, GROTTAMMARE (AP)
Sala Kursaal, Piazza Kursaal
La Scuola di Formazione in Psicoterapia di Litorale – ILP (Istituto Lacaniano di Psicoterapia) – è una Scuola quadriennale di specializzazione in psicoterapia riconosciuta dal MUR con D.D. n. 1229 del 28/08/2024.
L’ILP adotta gli insegnamenti di Sigmund Freud e di Jacques Lacan come punti di riferimento epistemologico e clinico fondamentali, considerando altresì determinanti i contributi di eminenti psicoanalisti come Melanie Klein, Donald Winnicott, Wilfred Bion e altri.
Il suo percorso formativo si caratterizza per il profondo interscambio con altre discipline accademiche (filosofia, antropologia, etologia umana, sociologia, scienze cognitive, linguistica e neurobiologia) e per una speciale attenzione rivolta alla formazione pratica (a cui è dedicata la metà del monte ore annuale previsto).
Urbino, Sala Serpieri
Mercoledì 16 ottobre 2024
dalle ore 18.00 alle 20.00
Incontro con Franco Lolli
Psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista. Membro analista di ALIPsi (Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi), e di Espace Analytique. Presidente dell’Associazione Litorale: cultura, ricerca e formazione in psicoanalisi. Direttore scientifico della scuola ILP: Istituto Lacaniano di Psicoterapia.
Riceviamo e pubblichiamo la notizia di questo importante evento che si svolgerà da giovedì 24 a sabato 26 ottobre ad Urbino
Dal 24 al 26 ottobre 2024
Sede: Università di Urbino
Sala della Tartaruga – Palazzo Passionei
Sarà possibile partecipare anche online
Il convegno mira a fornire al partecipante le competenze fondamentali per attivare un efficace lavoro interpretativo degli aspetti dinamici legati alla diagnosi di autismo. Il convegno sarà l’occasione per condividere le più recenti ricerche cliniche che, individuando precocemente il rischio di autismo, suggeriscono interventi attendibili e creativi per modificare l’avvenire di questi “bebé”.
Il corso è rivolto a: Psicologi e psicoterapeuti Medici, pediatri, neuropsichiatri infantili e infermieri Terapisti occupazionali, logopedisti e psicomotricisti Dirigenti, insegnanti ed educatori Avvocati dei minori, mediatori, tutori e curatori, Assistenti sociali e a tutti coloro che sono impegnati nel campo dell’età evolutiva.
Il corso di 20 ore rilascia 20 ECM
Riceviamo e pubblichiamo la notizia di questo importante evento che si svolgerà sabato 20 e domenica 21 settembre ad Ancona
da venerdì 20 Settembre – ore 08:30
a sabato 21 Settembre – ore 13:00
In questi ultimi anni, in ambito dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) stiamo assistendo a dei cambiamenti importanti a partire dall’abbassamento dell’età di esordio. I quadri clinici che si osservano oggi sono ormai lontani dalle
descrizioni classiche dei DNA, e frequenti sono i disturbi sottosoglia, le forme miste, quelle associate a quadri psicopatologici gravi, spesso a disregolazione emotiva.
I quadri clinici che si osservano oggi sono ormai lontani dalle descrizioni classiche dei DNA, e frequenti sono i disturbi sottosoglia, le forme miste, quelle associate a quadri psicopatologici gravi, spesso a disregolazione emotiva.
E’ difficile codificare i disturbi su livelli nosografici separati e autonomi, poiché essi si collocano in un continuum fenomenologico, lungo una scala di gravità dal punto di vista clinico, dove esiste un comune denominatore di fondo, rappresentato dal nucleo psicopatologico ossessivo centrato sul cibo e sulle forme corporee, che si declina poi i manifestazioni fenomenologiche differenti.
Pubblichiamo l’intervento che – sul sito dell’Institut Histoire et Lumières de la Pensée – Élisabeth Roudinesco ha dedicato al dossier de «L’Express» Faut-il en finir avec la psychanalyse?
Ringraziamo l’Autrice e il sito (www.ihldp.com) per la gentile concessione.
(Traduzione di Luigi Francesco Clemente e Franco Lolli)
Nel momento in cui Parigi si abbandonava con delizia alla felicità olimpica, il settimanale «L’Express», sotto la direzione del suo vice caporedattore, decideva, in un numero doppio (8-21 agosto), di dedicarsi al suo sport preferito: farla finita con la psicoanalisi. Abbandonando l’Olimpo e gli Olimpici, l’affiatata compagnia, composta dai suoi cronisti abituali, si è data alla pazza gioia. In nome della scienza, si sono fatti inquisitori volti a cacciare fuori dalla Francia l’infame tribù freudiana, quell’esercito di complottisti e ciarlatani installati da troppo tempo in tutte le sfere della società con l’obiettivo di distruggere la civiltà occidentale a colpi di gergo, pseudoscienze e medicine alternative…
Seminario residenziale di Valledacqua, 14-15-16 giugno 2024
Monastero Valledacqua, Acquasanta Terme (AP)
In quale modo dobbiamo pensare a una nuova articolazione tra i registri del simbolico, dell’immaginario e del reale all’interno di un discorso sociale dominato dalla tecnologia e dalla sua infiltrazione nella vita quotidiana? In una narrazione culturale che fa dell’affermazione dei diritti del singolo cittadino il perno di una vuota e consumata retorica democratica, quale agenzia educativa svolge il fondamentale ruolo di regolatore pulsionale, ruolo decisivo per garantire la vita comunitaria?
Un seminario residenziale riservato a psicologi, psicoterapeuti, psicoanalisti, filosofi, sociologi e letterati interessati a riflettere su come alcuni paradigmi psicoanalitici, così come furono pensati da Sigmund Freud e rielaborati da Jacques Lacan, vadano aggiornati alla luce di quella profonda trasformazione socioculturale promossa dall’inarrestabile sviluppo della tecnologia, e che, secondo molti autori, costituisce un momento di rottura nella storia dell’umanità.
Sara Fontanelli
Non farti fottere: così recita il titolo dell’ultimo libro di Lilli Gruber. Un’espressione forte, questa, che non può non attirare su di sé l’attenzione di chi è abituato a frequentare i testi di Freud e di Lacan, e che resta sicuramente colpito dall’utilizzo – sebbene in forma negativa – della forma verbale riflessiva (non farti fottere): la forma verbale che, nella grammatica pulsionale di Freud, designa il traguardo della soddisfazione libidica, ossia il farsi volontaristicamente oggetto dell’Altro, il consegnarsi come cosa al godimento dell’Altro per assicurarsi quello strano e perturbante appagamento che si ottiene nel cancellarsi come soggetto.
Mistero del genere umano che la psicoanalisi – bisogna riconoscerne il merito – ha messo al centro della sua ricerca.
L’ultimo libro di Giovanni Leghissa, L’inconscio e il trascendentale (Orthotes 2023) mette a tema un intreccio fecondo tra due discipline, la filosofia e la psicoanalisi, a partire da due punti di eccentricità reciproci: il trascendentale è l’eccentrico per la clinica di orientamento psicoanalitico (e per qualsiasi clinica, in verità) e l’inconscio non è un termine tecnico della filosofia, a differenza del primo, bensì è il concetto principe su cui lavora la psicoanalisi.
Cosa potrebbe dunque legare l’inconscio e il trascendentale? Il sottotitolo – Saggi tra filosofia e psicoanalisi – è eloquente in questo senso perché allude alla possibilità di attraversare la filosofia “forti” dell’esperienza dell’inconscio, e viceversa di non dimenticare che la psicoanalisi, proprio in quanto scienza dell’inconscio, integra, sorprendentemente, il gesto trascendentale stesso. Cosa hanno in comune l’inconscio e il trascendentale, o meglio in che modo l’inconscio getta luce sul gesto trascendentale? Per dirla in termini fenomenologici, l’inconscio getterebbe luce sulla natura antepredicativa di ogni atto di fondazione trascendentale, ovvero sul fatto che ogni gesto con cui avviamo una conoscenza possibile di qualcosa mantiene un legame con ciò che non può essere ricompreso nelle condizioni di possibilità di tale conoscenza.
Franco Lolli
Non farti fottere: così recita il titolo dell’ultimo libro di Lilli Gruber. Un’espressione forte, questa, che non può non attirare su di sé l’attenzione di chi è abituato a frequentare i testi di Freud e di Lacan, e che resta sicuramente colpito dall’utilizzo – sebbene in forma negativa – della forma verbale riflessiva (non farti fottere): la forma verbale che, nella grammatica pulsionale di Freud, designa il traguardo della soddisfazione libidica, ossia il farsi volontaristicamente oggetto dell’Altro, il consegnarsi come cosa al godimento dell’Altro per assicurarsi quello strano e perturbante appagamento che si ottiene nel cancellarsi come soggetto.
Mistero del genere umano che la psicoanalisi – bisogna riconoscerne il merito – ha messo al centro della sua ricerca.
Si potrebbe pensare che il titolo del libro della Gruber sia una sorta di ammonimento che – e si potrebbe estendere questa riflessione a tutti i comandamenti espressi in forma negativa: non uccidere, non rubare, non commettere atti impuri, ecc. – esorta a evitare qualcosa in cui l’umano – se non ‘si impegnasse’ per correggersi – inesorabilmente incorrerebbe. Sembrerebbe, allora, che quel titolo, nell’invitare il lettore a stare in guardia da una tale eventualità, implicitamente segnali la potenza di un qualcosa che all’interno dell’essere umano spinge proprio in quella direzione…
Nuovo evento organizzato da Litorale
Presentazione del libro: “Nel vuoto del tempo“
di Mario Pezzella, ed. Rogas 2023
Presenta Antonio Tricomi
Sabato 2 Marzo 2024 ore 18.00 – Online su piattaforma Zoom
Pubblichiamo la lettera di Sigmund Freud a Chaim Koffler – membro della sezione viennese del Keren Hayesod, organismo sionista fondato a Londra nel 1920 –, in risposta alla richiesta di firmare una petizione di condanna degli scontri tra mussulmani ed ebrei scoppiati in Palestina nel 1929. Relativamente alle complesse vicissitudini editoriali del testo, rinviamo all’articolo Freud era sionista?, di Jacquy Chemouni, apparso su «L’ospite ingrato» (2/2005, pp. 105-117). Segnaliamo inoltre il commento di Élisabeth Roudinesco, A propos d’une lettre inédite de Freud sur le sionisme et les lieux saints, in «Cliniques méditerranéennes», 70, 2004, pp. 5-17. La presente traduzione è stata condotta da Franco Lolli e Luigi F. Clemente sul testo pubblicato in P. J. Van der Berg, Freud, Moses und die monotheistische Religion. Ein Essay, Frank & Timme, Berlin 2012, pp. 79-80.
Prof. Dr. Freud
Vienna, 19 Berggasse, 26 febbraio 1930
Egregio dottore,
non posso fare quel che Lei auspica. La mia riluttanza a tenere occupato il pubblico con la mia personalità è insuperabile e l’attuale situazione critica non mi sembra nemmeno opportuna. Chi vuole influenzare una massa deve avere qualcosa di altisonante e di entusiasmante da dire e, questo, il mio giudizio spassionato sul sionismo non lo consente. Certamente, io nutro i migliori sentimenti di simpatia per le libere aspirazioni, sono orgoglioso della nostra università a Gerusalemme, e mi rallegro del prosperare dei nostri insediamenti. Ma, d’altra parte, non penso che la Palestina possa mai diventare uno Stato ebraico né che il mondo cristiano, così come il mondo islamico, possano un giorno essere disposti ad affidare i loro luoghi sacri alla custodia ebraica…
Pubblichiamo un estratto dal saggio di Giovanni Leghissa Il fondamento e la struttura generale della presupposizione, comparso sul numero 10 della rivista «Kaiak. A Philosophical Journey».
Il testo nella sua interezza è reperibile in www.kaiakpj.it.
Ringraziamo l’Autore per la gentile concessione.
Fondare è un’attività che caratterizza in maniera eminente la pratica filosofica. I filosofi che non accolgono di buon grado l’idea che la filosofia sia una pratica tra altre tendono a far coincidere le strutture argomentative della fondazione con quel dispositivo discorsivo che serve a produrre un fondamento, a mostrare cioè che c’è, da qualche parte, un luogo originario destinato ad accogliere il fondamento, a ospitarlo, a renderlo insomma operante sul piano concettuale. Innanzi tutto e per lo più si tratta di un atteggiamento che, parallelamente, comporta anche una rimozione del metaforico dal livello discorsivo entro cui si sviluppa il pensiero filosofico. Nelle considerazioni seguenti vorrei invece mostrare che non c’è nessun fondamento, anche se ci sono buone ragioni per sostenere che la pratica della fondazione, intesa, come detto, quale pratica eminentemente filosofica, debba continuare a far parte del modo abituale di esercitare la filosofia. Occuparsi della fondazione senza giungere a fondare, senza arrivare a dire che c’è un fondamento e che questo funziona così e così, significa fornire un’ostensione e una decostruzione della struttura generale della presupposizione, significa articolare un pensiero che si rivolge alla propria origine, che si interroga sulla propria genesi e che di questa dà conto….
Riceviamo e pubblichiamo la notizia di questo importante evento che si svolgerà venerdì 30 Novembre 2023 a Venezia, con possibilità di collegamento Zoom
Il titolo di questo denso, importante lavoro di Laurence Kahn non è una domanda: il nazismo ha fatto qualcosa alla psicoanalisi e ciò che le ha fatto ha avuto effetti di lunga durata. Effetti che sono andati ben oltre il rogo delle opere di Freud, l’esilio di moltissimi psicoanalisti viennesi e tedeschi, soprattutto verso paesi anglofoni e l’assassinio di alcuni in quanto oppositori del regime o ebrei ; oltre anche rispetto alla partecipazione di alcuni analisti tedeschi, e perciò ‘ariani’ – Bohem, Schultz-Hencke, Muller-Braunschweig in particolare, alla politica di arianizzazione portata avanti da Matthias Göring con la creazione, nel 1936, dell’ Istituto di psicologia psicoterapia,presieduto da Carl G. Jung…
È da poco uscito per la Poiesis Editrice il volume Le zattere di Ulisse. Dieci psicoanalisti interpretano i luoghi, le donne, i miti dell’Odissea, a cura di Anthony Molino. Offriamo qui, su gentile concessione dell’Editore, uno stralcio dell’introduzione del curatore.
Come tanti ragazzi della mia generazione, sono cresciuto con la RAI degli anni d’oro, quando la televisione aveva, oltreché funzione di intrattenimento, anche quella di un vero servizio pubblico, volta alla realizzazione di progetti dalla forte valenza culturale. Uno di questi era la versione televisiva dell’Odissea, trasmessa nel 1968, con le interpretazioni indimenticabili di Bekim Fehmiu nei panni di Ulisse e di Irene Papas nel ruolo di Penelope. Chi non ricorda le coinvolgenti scene dell’accecamento di Polifemo, o dell’approdo ad Itaca, per citarne solo due a me rimaste impresse? Fu anche la prima trasmissione a colori della nostra televisione, e servì a corredare, in un certo senso, a vivificare, le letture del poema omerico che, assieme a quelle dell’Iliade, erano in quegli anni centrali al programma scolastico di seconda e terza media.
Faccio un salto in avanti, di dieci anni, forse meno. Avevo finito per terminare le superiori negli Stati Uniti, dove ero tornato dopo un fallimentare rimpatrio della mia famiglia in Italia alla fine del decennio precedente. Una volta diplomato mi ero iscritto all’università di Temple, nella mia natìa Filadelfia, per laurearmi in lettere italiane…
È appena stato pubblicato da Ombre Corte l’ultimo libro di Daniela Angelucci, Là fuori. La filosofia e il reale. Abbiamo deciso di presentarlo alla comunità di Litorale ponendo all’autrice tre domande su alcune delle questioni fondamentali che il libro indaga, questioni particolarmente rilevanti nella teoria psicoanalitica lacaniana.
Ringraziamo Daniela Angelucci per la disponibilità e per l’attenzione che ci ha riservato e per la ricchezza concettuale delle risposte che di seguito pubblichiamo.
Franco Lolli
Professoressa Angelucci, le proporrei di iniziare la nostra conversazione partendo dal titolo del suo libro: Là fuori. La filosofia e il reale. Un titolo che non può non catturare l’attenzione di chiunque si interessi alla teoria lacaniana, perché in esso è contenuta e segnalata una delle questioni centrali dell’insegnamento di Jacques Lacan, questione che proverei a riassumere così: per quanto la realtà nella quale l’essere umano è da sempre immerso sia una realtà significante, una realtà, cioè, fatta di parole che avvolgono il vivente sin dal suo venire alla luce, alienandolo in un sistema di senso di cui diventerà presto inconsapevole prigioniero, è pur vero che non tutta l’esperienza umana si consuma in quei registri che Lacan definisce simbolico e immaginario. C’è qualcosa che sfugge alla presa del Linguaggio, qualcosa che non può esser detto, che è, per l’appunto, fuori dalle possibilità della parola: il reale. La domanda che le pongo è questa: questo fuori del reale lacaniano è, secondo Lei, lo stesso fuori al quale la filosofia – come l’arte, del resto – deve ‘attingere’ per non chiudersi in formule rigide e stereotipate?
Daniela Angelucci
Intanto inizio ringraziando per questa occasione di confronto.
Il “fuori” di cui parlo nel titolo del libro è il termine con cui tento di descrivere una dimensione fatta di forze vitali in sé, al di là di ogni rappresentazione, dunque letteralmente impossibile da dire. Una dimensione rischiosa ma vitalizzante, necessaria per ogni pensiero che non sia ripetizione convenzionale, ma anche da un punto di vista esistenziale. Il lavoro filosofico di Deleuze a cui faccio riferimento, nonostante la straordinaria proliferazione di concetti e di linee di fuga, ha alla fine una certa unitarietà, che è appunto quella di porsi questo compito quasi impossibile: trovare la possibilità di un contatto con questo elemento che appunto, come lei dice, sfugge al linguaggio. Questa possibilità nel pensiero di Deleuze si presenta sotto varie forme, come l’immanenza, l’intensivo, o il “corpo senza organi”. Ma possiamo intravederla anche in momenti inaspettati della storia del pensiero, per esempio nel sublime kantiano. Oppure, naturalmente, nel Reale di Lacan…
È stato pubblicato in lingua francese il libro di Manuela Utrilla Robles Le fanatisme dans la psychanalise. Quand les institutions se déchaînent …, uscito in Spagna nel 2010 e tradotto in inglese nel 2013. In questo importante libro che ci auguriamo venga presto tradotto anche in italiano, l’autrice, venuta a mancare nel 2022, mostra le vulnerabilità delle istituzioni psicoanalitiche, denunciando il rischio che sviluppino al loro interno quel “terrorismo intellettuale” che la stessa autrice definisce come un misto di intolleranza e di fanatismo. Il suo è uno sguardo ‘dall’interno’ (è stata presidente dell’Associazione Psiconalitica di Madrid nonché rappresentante europea in seno all’IPA), critico ma non distruttivo, acuto nell’individuare quei meccanismi di idealizzazione e di sottomissione che spiegano i pericolosi fenomeni di transfert che non di rado proliferano nei gruppi psicoanalitici. Secondo la Utrilla Robles, sono cinque i fattori che concorrono alla degradazione della vita associativa: dogmatismo, mancanza di spirito critico, manicheismo e radicalità, odio delle differenze e volontà di potere. Di ognuno di questi fattori, il libro propone una profonda riflessione: quel che ne emerge è un’analisi spietata che mette in primo piano tanto l’atteggiamento manipolatore, seduttore e vorace del ‘capo’ che di volta in volta emerge all’interno delle singole associazioni, tanto la postura servile e adulatoria dei suoi colleghi.
Pubblichiamo un breve frammento dell’opera: si tratta di un passaggio nel quale l’autrice invita il lettore a immaginare un’eventualità che, più si profila nel dettaglio, più sembra riferirsi a situazioni ben conosciute da chi frequenta ambienti psicoanalitici.
Ringraziamo per l’autorizzazione concessa Mme Milagros Cid, titolare dell’eredità e dell’opera di Manuela Utrilla Robles e Ana de Staal, direttrice editoriale della casa editrice Ithaque.
Traduzione di Franco Lolli.
Immaginiamo che un analista cominci a pensare che sarebbe opportuno unificare tutte le teorie al fine di proteggere la psicoanalisi e, inoltre, che tutti dovrebbero esprimersi nella stessa lingua e utilizzare metodiche terapeutiche simili, per ottenere l’uniformità della tecnica psicoanalitica. Per realizzare questo progetto grandioso, supponendo che ogni psicoanalista lavori in maniera idiosincrasica, il nostro ipotetico analista comincerà a escogitare strategie da mettere in atto. Dovrà convincere gli altri mediante argomenti persuasivi ed esprimere i propri argomenti con fermezza, senza lasciar spazio al dubbio. Parlerà con tono fermo, alzando, di tanto in tanto, il tono della voce, e utilizzerà idee brillanti per conquistare l’interesse dell’uditorio, promettendo la rigenerazione e il cambiamento. Cercherà di mostrarsi sincero e appassionato di psicoanalisi, e preparerà un progetto apparentemente molto rigoroso dal punto di vista scientifico, un progetto che includa l’idea dell’unificazione (come abbiamo visto nella descrizione dello stadio orale). È così che il primo passo verso la sua riforma sarà l’unificazione.
Ma come si possono unire personalità assai diverse tra loro? Proponendo un progetto di ricerca in apparenza grandioso. Questo messaggio di grandiosità potrà contribuire a catturare l’obbedienza e la devozione delle personalità più fragili (e anche di coloro che sono insoddisfatti della propria pratica, delle loro relazioni con i colleghi e con le istituzioni).
Insomma, gli individui più fragili si entusiasmeranno facilmente all’idea di ritrovare i loro ideali perduti. Ma non saranno i soli: a lasciarsi convincere saranno anche quanti dubitano dell’efficacia della propria pratica professionale, coloro che desiderano sinceramente modificare e reinventare la psicoanalisi e coloro che vogliono ritrovare gli ideali, costruire degli idoli, trovare un leader che li guidi…
Mohamed Tal è psicoanalista lacaniano a Beirut e Dubai. Ha da poco pubblicato, per Palgrave Macmillan, il libro The End of Analysis. The Dialectics of Symbolic and Real, in cui affronta temi essenziali riguardanti le finalità dell’analisi e dell’istituzione psicoanalitica. Nel testo, la domanda su come finisca l’analisi e a quali esiti debba condurre è esaminata attraverso riferimenti alla storia della psicoanalisi e alla tradizione filosofica cui gli psicoanalisti si sono ricondotti. Un libro che inizia dalla domanda forse più semplice sulla psicoanalisi per poi avanzare nel labirinto della complessità teoretica. Abbiamo chiesto a Mohamed Tal di descriverci il contenuto del suo libro; di seguito la sua risposta.
Il lutto, la rinuncia, la liquidazione del transfert e l’attraversamento del fantasma sono nozioni che hanno orientato gli interrogativi sulla finalità dell’analisi per più di un secolo; non c’è stato alcun progresso radicale offerto dalla psicoanalisi che non finisse per essere funzionale a quello scopo dell’analisi che di volta in volta veniva stabilito. Se, nel corso della storia della psicoanalisi, questo discorso è riuscito a trasformare le sue antitesi nella sua conferma, allora ha bisogno di essere interpretato più come oggetto di analisi che non come obiettivo dell’analisi stessa.
La premessa principale di questo libro è dimostrare che le nozioni di lutto, rinuncia, liquidazione del transfert e attraversamento del fantasma non possono servire come risoluzione del complesso di castrazione (che è centrale per la nevrosi) ma sono piuttosto “prede” del complesso di castrazione stesso…
Presentiamo l’articolo di Mario Pezzella, pubblicato su «Terzo Giornale» il 7 settembre.
Ringraziamo l’autore e la rivista per l’autorizzazione concessa.
C’è da chiedersi perché questo fumettone confuso e pretenzioso sia divenuto un fenomeno rilevante dell’immaginario collettivo: tanto che merita di essere visto e considerato da questo punto di vista. Sul film in quanto tale non si può che concordare col giudizio di Priyamvada Gopal: “Niente di terribile, ma anche niente di brillante – e un sacco di sorprendente stupidità”. Certo, a un vecchio cinéphile dispiacciono particolarmente alcune sequenze: per esempio la citazione involgarita dell’inizio di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, dove le bambine inferocite (invece degli scimmioni dell’originale) sono miracolate dal tocco di una Barbie formato gigante, e distruggono le loro vecchie bambole antiquate; oppure lo zoppicante controcanto a Pinocchio e al film di Spielberg Intelligenza artificiale sul bambolotto automa che diventa umano; o ancora il veramente penoso richiamo a Thelma and Louise, nel viaggio in macchina emancipatorio di Barbie insieme alla disegnatrice e a sua figlia…
Il libro Macerie Borghesi (2023) inaugura la collana engageante dell’editore Rogas. Il volume (che raccoglie scritti composti tra il 2017 e il 2021) prosegue e anzi insiste nello stile e nell’impegno saggistico che di Tricomi erano già propri in numerosissimi volumi: da Il brogliaccio dell’umanista (2007), a La repubblica delle lettere (2010), fino al recente Epidemic. Retroversioni dal nostro medioevo (2021), che per tanti versi di questo volume rappresenta il complemento. Attraverso l’utilizzo di una ricca e variegata schiera di riferimenti, tra i quali vanno sicuramente indicati autori su cui Tricomi lavora da decenni quali Pasolini, Siti, Morante e, su un piano teorico e filosofico, la Scuola di Francoforte, Lacan e soprattutto il Günther Anders di L’uomo è antiquato, l’autore analizza un presente che sempre più assume connotazioni «neofeudali» o «neomedioevali» che possiamo riassumere in una divisione tripartita della società: in basso emarginati senza speranza, alla cima della piramide un numero ristretto di «signori», che concentra nelle proprie mani crescente potere e ricchezza, e nel mezzo una arrancante classe media sempre più impoverita e precaria sia materialmente che psicologicamente…