Il fine dell’analisi


Mohamed Tal è psicoanalista lacaniano a Beirut e Dubai. Ha da poco pubblicato, per Palgrave Macmillan, il libro The End of Analysis. The Dialectics of Symbolic and Real, in cui affronta temi essenziali riguardanti le finalità dell’analisi e dell’istituzione psicoanalitica. Nel testo, la domanda su come finisca l’analisi e a quali esiti debba condurre è esaminata attraverso riferimenti alla storia della psicoanalisi e alla tradizione filosofica cui gli psicoanalisti si sono ricondotti. Un libro che inizia dalla domanda forse più semplice sulla psicoanalisi per poi avanzare nel labirinto della complessità teoretica. Abbiamo chiesto a Mohamed Tal di descriverci il contenuto del suo libro; di seguito la sua risposta.

Traduzione di Cristian Muscelli

Il lutto, la rinuncia, la liquidazione del transfert e l’attraversamento del fantasma sono nozioni che hanno orientato gli interrogativi sulla finalità dell’analisi per più di un secolo; non c’è stato alcun progresso radicale offerto dalla psicoanalisi che non finisse per essere funzionale a quello scopo dell’analisi che di volta in volta veniva stabilito. Se, nel corso della storia della psicoanalisi, questo discorso è riuscito a trasformare le sue antitesi nella sua conferma, allora ha bisogno di essere interpretato più come oggetto di analisi che non come obiettivo dell’analisi stessa.

La premessa principale di questo libro è dimostrare che le nozioni di lutto, rinuncia, liquidazione del transfert e attraversamento del fantasma non possono servire come risoluzione del complesso di castrazione (che è centrale per la nevrosi) ma sono piuttosto “prede” del complesso di castrazione stesso. Ulteriore premessa è che la psicoanalisi rimane incompleta finché non ha superato quelle nozioni (lutto, rinuncia, liquidazione del transfert e traversata del fantasma) in quanto fantasie sostenute dall’ideologia psicoanalitica. In altre parole, il libro mira a mostrare che la procedura analitica deve tirare la psicoanalisi fuori da questa tradizione terapeutica per essere completa e per indurre un tentativo di rinnovamento.

Pertanto, la domanda è: quale modifica del transfert può offrire la psicoanalisi oltre l’idea della sua liquidazione? Come concepire il fantasma che può essere veramente attraversato? E con quale altra procedura si può ottenere questo che non sia quella che adotta il lutto come promessa di rinuncia – cioè un’escatologia?

Per rispondere a queste domande, il libro indaga la traiettoria teorica da “Analisi terminabile e interminabile” di Freud (1937) alla “Proposta del 9 ottobre 1967” di Lacan – e la successiva teoria del sinthomo – attraverso un esame dei concetti di pulsione, ripetizione, godimento, angoscia, oggetto a, desiderio e soggettivazione. Particolare attenzione è dedicata al dibattito inaugurale tra Freud e Ferenczi sulla finalità dell’analisi – e quello con la scuola kleiniana che ne derivò–, così come al dibattito di Lacan con Lévi-Strauss, con lo strutturalismo e con la teoria postmoderna sull’ontologia discorsiva del linguaggio. Al fine di formulare il problema del transfert su basi dialettiche appropriate, il libro rivisita pure quei fondamenti che Freud e Lacan hanno trovato nel progetto illuminista, e cioè il meccanismo di alienazione da Cartesio a Hegel, il concetto di angoscia in Kierkegaard, e i concetti di autorità e valore in Durkheim, Mauss e Marx.

Sulla base di un accurato tentativo di formulazione delle questioni fondamentali della psicoanalisi, il libro arriva alla conclusione che il transfert non può essere superato ma può essere articolato oltre l’iscrizione dell’oggetto a nel desiderio dell’analista, attraverso l’istituzione del desiderio dell’analizzante come un desiderio dell’analista. Sostengo che, da un lato, non c’è altro fine del desiderio dell’analista se non il desiderio dell’analizzante dell’analista (il desiderio dell’analista da parte dell’analizzante), e, dall’altro, che un’analisi completa è di fatto sempre didattica in uno sguardo retrospettivo – cioè, è didattica indipendentemente dal fatto che l’analizzante la traduca in una pratica clinica o meno.

In questo contesto, la procedura della passe non deve essere considerata come una modalità di selezione degli analisti, ma come il modo necessario affinché la destituzione soggettiva formi un sintomo (inscrivendo la mancanza nel discorso del maestro attraverso un concetto). Il libro mostra come la procedura della passe funzioni come un’analisi dell’istituzione analitica, con l’obiettivo di produrre rotture nella trasmissione piuttosto che facilitarla, in contrasto con il modello di evoluzione della scienza moderna.