Sigmund Freud, Lettera a Chaim Koffler


Pubblichiamo la lettera di Sigmund Freud a Chaim Koffler – membro della sezione viennese del Keren Hayesod, organismo sionista fondato a Londra nel 1920 –, in risposta alla richiesta di firmare una petizione di condanna degli scontri tra mussulmani ed ebrei scoppiati in Palestina nel 1929. Relativamente alle complesse vicissitudini editoriali del testo, rinviamo all’articolo Freud era sionista?, di Jacquy Chemouni, apparso su «L’ospite ingrato» (2/2005, pp. 105-117). Segnaliamo inoltre il commento di Élisabeth Roudinesco, A propos d’une lettre inédite de Freud sur le sionisme et les lieux saints, in «Cliniques méditerranéennes», 70, 2004, pp. 5-17. La presente traduzione è stata condotta da Franco Lolli e Luigi F. Clemente sul testo pubblicato in P. J. Van der Berg, Freud, Moses und die monotheistische Religion. Ein Essay, Frank & Timme, Berlin 2012, pp. 79-80.

Prof. Dr. Freud

Vienna, 19 Berggasse, 26 febbraio 1930

Egregio dottore,

non posso fare quel che Lei auspica. La mia riluttanza a tenere occupato il pubblico con la mia personalità è insuperabile e l’attuale situazione critica non mi sembra nemmeno opportuna. Chi vuole influenzare una massa deve avere qualcosa di altisonante e di entusiasmante da dire e, questo, il mio giudizio spassionato sul sionismo non lo consente. Certamente, io nutro i migliori sentimenti di simpatia per le libere aspirazioni, sono orgoglioso della nostra università a Gerusalemme, e mi rallegro del prosperare dei nostri insediamenti. Ma, d’altra parte, non penso che la Palestina possa mai diventare uno Stato ebraico né che il mondo cristiano, così come il mondo islamico, possano un giorno essere disposti ad affidare i loro luoghi sacri alla custodia ebraica. Mi sarebbe parso più sensato fondare una patria ebraica su una terra nuova, non gravata dalla storia; certo, so che, per un progetto così razionale, non si sarebbe mai potuto conquistare l’entusiasmo delle masse e il contributo dei ricchi. Riconosco anche, con rammarico, che il fanatismo irrealistico dei nostri compatrioti ha avuto la sua parte di responsabilità nel risveglio della diffidenza degli arabi. Non posso provare alcuna simpatia per una devozione mal interpretata, che fa di un pezzo del muro di Erode una reliquia nazionale e, a causa sua, sfida i sentimenti delle popolazioni locali.

Giudichi Lei stesso, se, con un simile atteggiamento critico, io sia la persona giusta per svolgere il ruolo di consolatore di un popolo scosso da una speranza ingiustificata.

Con rispetto,

il Suo devoto Freud